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Intervista: Stefano Amerio, 30 anni e non sentirli


Conosciamo già da tempo Stefano Amerio, che abbiamo già incontrato nel passato. Quest'anno festeggia i 30 anni di lavoro e insieme a lui abbiamo voluto cogliere i cambiamenti necessari per stare al passo con i tempi

Stefano è tra le persone più umili e capaci che conosciamo. Caparbio e determinato, è riuscito in una impresa epica, almeno sul territorio italiano, diventando un punto di riferimento internazionale di altissimo livello per il jazz e non solo. Se cercate lo studio e il sound engineer giusto per suoni acustici, atmosfere curate e precisione, Stefano Amerio è la risposta.

Le sue scelte sono sempre state molto personali e, forse, in controtendenza rispetto allo standard. Basti dire che utilizza un banco digitale Studer in Studio e si è spostato sull'Audio Over IP in studio e nei concerti, utilizzando i convertitori di Merging.

Stefano Amerio intervista studio interview audiofader luca pilla studer vista jazz recording

Lo Studer Vista

Luca Pilla Hai conquistato con il duro lavoro quotidiano, con tanta onestà e umiltà, moltissimi artisti e case discografiche mondiali e ora sono passati 30 anni. Quando hai iniziato che obiettivo di eri preposto?

Stefano Amerio 1990 – 2020… trent’anni e oltre 2600 album registrati… Ho iniziato nel garage di casa in 16 mq. con un mixer M2500 e un multitraccia TSR8 della Tascam e un Atari Mega 2 che controllava una rete MIDI estesa con cui potevo realizzare molte cose. Era l’epoca in cui si cercava di emulare una band con l’elettronica. Poi dopo i primi esperimenti di registrazione ho iniziato a pensare che forse poteva esser davvero un lavoro interessante e che se avessi fatto le cose per bene, offrendo qualità e grande attenzione per gli artisti, forse potevo davvero arrivare dove altri si erano fermati.

E quindi ho iniziato a pensare che se da Udine i musicisti friulani viaggiavano sino a Milano per registrare, perché quelli di Milano non potevano fare altrettanto se avessi offerto una qualità tale da essere competitivo? E così feci. Lentamente e a piccoli passi, tassello dopo tassello ho iniziato ad acquisire attrezzature e a ingrandire lo studio. Sacrifici e dedizione.

Investimenti oculati e direttori di banca molto sorridenti… Guardando indietro ho sicuramente fatto qualche errore, ma sono stato sempre attento a crescere in modo graduale, anche perché le attrezzature e le tecnologie hanno bisogno di un tempo di apprendimento per poi essere efficaci sul campo. Ho sempre notato che mentre io mi soffermavo a leggere il manuale utente, altri iniziavano a lavorare senza neppure sapere cosa avevano tra le mani. E questo secondo me è sbagliato. Il manuale dice cose che voi umani…

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Il mixer Otari utilizzato da Stefano nel proprio studio dal 2004 al 2019

LP Sono certo che in questi 30 anni hai cambiato tanti microfoni e ne hai scoperti altri. Se dovessi fare una classifica dei microfoni indispensabili, cosa metteresti nelle prime dieci posizioni e perché?

SA In tanti anni di lavoro ho davvero racimolato una quantità variegata di microfoni. Provati tanti ma nel cuore rimangono sempre il primo AKG 414 B-ULS con cui registravo di tutto. Ed è ancora un ottimo microfono che continuo ad usare. Poi è arrivato Lui…il Neumann U87ai… Il microfono per eccellenza… in zona ero l’unico ad avere “il Neumann”. E questo mi rese alquanto richiesto, soprattutto per registrare voci.

Poi sono arrivati i primi Schoeps, di cui sono innamorato e i vari Neumann KM184. Non riuscirei a pensare di lavorare senza i miei AKG The Tube e i Neumann U47fet con cui registro i fiati. Come avrai capito amo lavorare con i microfoni a condensatore, sempre. Un microfono che mi piace molto, è il Brauner VMA con cui registro voci e poi c’è il Manley Gold Reference. Ti chiederai come mai manca un mitico Neumann U47… prima o poi arriverà.

 

LP Registri moltissimi artisti, hai un setup iniziale da cui parti quando pensi al suono finale tra microfono e preamplificatore?

SA Negli anni ho sviluppato un mio metodo di lavoro che mi aiuta a essere veloce ed efficiente in qualsiasi situazione. Parto da dei setup iniziali collaudati e poi li modifico di volta in volta, anche perché ogni musicista ha il proprio suono e devi comunque trovare la giusta soluzione al caso. Questo non vuol dire che non lascio spazio alla sperimentazione, ma avere delle certezze del risultato aiuta molto. Credo che mixer o DAW in genere siano prodotti che ti aiutano ad essere più veloce se prepari in anticipo un template o un layout da cui partire.

Anche qui vedo spesso che molte persone iniziano un nuovo progetto partendo da zero e mi chiedo perché perdere del tempo quando puoi utilizzare un template che precedentemente aveva funzionato bene. È meglio perdere del tempo a posizionare i microfoni che star li a caricare plug-in, creare tracce, fare i gruppi ecc.

Stefano Amerio intervista studio interview audiofader luca pilla studer vista jazz recording artesuono

La sala di ripresa dello studio Artesuono

LP Le tue scelte, in fatto di console, sono molto radicali e diverse da tutti gli altri studi. Ora hai uno Studer Vista digitale, che è nato anche per il broadcast. Perché questa scelta? E cosa hai apprezzato maggiormente dello Studer?

SA Effettivamente tutti puntano su SSL e capisco bene perché i loro prodotti sono sempre stati i più utilizzati in campo audio, ma nel 2004, andando controtendenza, ho acquistato una banco Otari Elite+, prodotto particolare, quasi sconosciuto in Italia (Eros Ramazzotti nel suo studio privato ne aveva uno serie Concept 1) ma che mi ha regalato molte soddisfazioni. In 10 anni di onorato servizio ha funzionato sempre bene e negli ultimi anni lo avevo rinnovato sostituendo tutti i motor fader e gli operazionali del pre che lo resero davvero silenziosissimo e dinamicamente ottimo.

Poi a settembre 2019 è arrivato lo Studer Vista 8 da 52 fader. La usavo già da anni in altri studi e mi piaceva molto la facilità di utilizzo ed il suono preciso e dettagliato che mi restituiva. Rispetto all’analogico Otari, trovo che ci sia davvero maggiore pulizia, cosa che a me piace. E questo non vuol dire sterilità del segnale, ma più precisione. E posso sfatare il mito del digitale freddo e piatto, senza carattere, anzi trovo una maggiore articolazione del segnale audio. Uso, in insert analogico, i miei outboard a valvole come facevo prima. Ho minor rumore di fondo e la dinamica è ottima. Il genere che generalmente registro necessita di grande qualità e pulizia; quindi è stata una scelta naturale andare in questa direzione.

La superficie di controllo è del 2008, ma il core è recente, tanto più che uso i protocolli MADI e Dante. Sono felice di questa scelta, anche perché mi permette di interfacciarla con ProTools e diventa un'ottima soluzione come controller. Con il nuovo banco è arrivato anche il nuovo sistema cuffie Digital Audio Labs LiveMix che mi consente una notevole flessibilità sul monitor cuffie, offrendo al musicista grande qualità audio e facilità d’uso. Grazie a Oscar Roje di Te.De.S. ho potuto testare il sistema: mi ha convinto sin da subito per la qualità audio. È interfacciato con lo Studer via protocollo Dante, quindi grande flessibilità e possibilità future.

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Parte degli outboard presenti in studio

LP Trent'anni fa il digitale era all'inizio della storia, c'erano registratori a nastro eccellenti e tantissimi outboard. Cosa hai tenuto di quegli anni e perchè?

SA Dello studio 1.0 mi sono portato dietro una serie di compressori Drawmer che continuano a funzionare benissimo, dei Summit Audio TLA 100A e il mitico analizzatore di spettro Audioscope che fa sempre bella figura. E poi c’è lui, l’intramontabile e romanticissimo Lexicon 480L, che continua a tenere testa ai riverberi di ultima generazione e solo il Bricasti M7 può esserne un valido sostituto. Con grande sorpresa ho inserito nel rack due Klark Teknik KT-2A che mi hanno davvero sorpreso e credo possano essere considerati tra i migliori cloni del mitico Teletronix LA2A.

 

LP Gli anni 2000 saranno ricordati come il momento di transizione più importante dall'analogico ai plug-in. Attualmente quali plug-in utilizzi e ritieni che siano indispensabili?

SA L’avvento delle DAW e dei plug-in ha dato una grande svolta al mondo della registrazione. È stato un cambiamento davvero epocale. I plug-in che uso abitualmente sono i Waves ed in particolare RVox e C6 e mi trovo molto bene con quelli prodotti da Brainworx. Inoltre trovo indispensabili tutti i tool di restauro sonoro di iZotope RX. Tra i miei preferiti attualmente amo utilizzare per il riverbero LX480 di ReLab e Seventh Heaven di Liquidsonic. Come eq uso spesso Fab Filter Pro Q3 anche se nelle mie sessioni l’eq iniziale è sempre Focusrite d2.

 

LP Quanto del tuo lavoro è dato dalla ripresa microfonica, dal mix, dall'outboard e dall'acustica?

SA Nella mia filosofia tutto inizia dalla scelta del microfono e dal suo corretto posizionamento. Se non ottengo il suono voluto sin dalla ripresa, cambio microfono e sua posizione. L’acustica del luogo è un altro aspetto determinante e che può caratterizzare non poco la ripresa. Per me è fondamentale. Poi entrano in gioco i compressori valvolari e tutto il resto.

Se hai sin da subito un buon suono, in mix sarai assolutamente avvantaggiato e in un attimo tutto funzionerà senza grandi sforzi. Quindi sono contro la filosofia Fix In The Mix. Con i plug-in sia hanno innumerevoli possibilità, ma quando ho tralasciato qualcosa, poi ho dovuto fare salti mortali per far funzionare le tracce all’interno del mix. Preferisco arrivare al mix con già l’80% del lavoro fatto.

 

LP Parliamo di monitor, attualmente cosa utilizzi e come ti regoli per le versioni streaming del mix?

SA Uso con grande soddisfazione una coppia di monitor Genelec 1038B che terrò a vita perché personalmente li trovo davvero ottimi. Ho provato di tutto e di più. Alla fine vincono sempre. Ho una coppia di Yamaha HS50, una coppia di ProAc 100, una coppia di Audel Magika 2 realizzate in Italia artigianalmente. Per quando lavoro in esterna ho una coppia di Neumann KH80 e una coppia di Genelec 8010. Sarò sincero: non sono un nerd che guarda i LUFS e la guerra del loudness.

Ascolto e se funziona, il suono è bello ed è dinamico, non mi preoccupo di cosa succederà dopo, anche perché ho riscontrato che se un lavoro suona bene ed è ben realizzato, sulle piattaforme digitali suona comunque molto bene. Forse generi prettamente commerciali hanno bisogno di trattamenti più attenti, ma nel mondo della musica acustica, è importante che ci sia dinamica e bel suono. Il resto lo lasciamo ai trapper…

 

LP È possibile, oggi, fare una produzione acustica con pochi mezzi? Se dovessi ridurre al minimo il tuo setup, cosa useresti?

SA Due microfoni Schoeps CMC6 con capsula MK21 o MK2S e un registratore Tascam DR100 mk III oppure un microfono stereo Neumann USM69 e sempre il registratore Tascam. Se i musicisti sanno interagire tra loro e controllano le dinamiche di esecuzione, in un luogo acusticamente adeguato, riesci a registrare cose straordinarie con solo poche cose.

Certamente va considerata con attenzione la posizione dei microfoni rispetto alle cose da registrare, ma queste sono le basi. Un setup più evoluto prevederebbe una interfaccia audio con almeno otto ingressi microfonici e convertitore, e penso a Merging Technologies HAPI collegata via Ethernet ad un MacBookPro, Avid Pro Tools e una manciata di microfoni di buona qualità ed il gioco è fatto.

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L'interfaccia audio Anubis di Merging Technologies

LP Come ti sei trovato a lavorare con Merging Anubis in un network audio su Ethernet

SA Passare da una situazione analogica che ha un flusso del segnale preciso e non proprio flessibile, a una rete Ethernet completamente aperta e configurabile, mi ha giustamente spaventato. Poi, riflettendo, ho attuato lo stesso concetto che uso da anni e cioè partire configurando il nuovo set up come se fosse un sistema analogico e poi, una volta preso confidenza ho iniziato a renderlo sempre più versatile ed aperto. I sistemi basati su reti Ethernet come Anubis di Merging Technologies, offrono delle grandissime possibilità, ma vanno assimilate.

Una volta capito come funziona il sistema, è molto semplice ed intuitivo lavorarci. Ma come tutte le nuove tecnologie, è necessario informarsi e studiare, scambiare opinioni con colleghi e addentrarsi pian piano in questo nuovo sistema. Riguardo alla qualità dei prodotti Merging, io non ho mai avuto dubbi. Sia dal punto di vista costruttivo che del suono. Ogni volta che uso Anubis+Horus, è per me una festa. Il mio set up tipo è formato da un MacBookPro Retina 2013 e da un MacBookPro Touch Bar end 2016.

Entrambi con OS X Mojave. I software che uso sono ProTools 2020.3 e Waves Tracks Live. Tutto il sistema di rete è agganciato ad un router Cisco configurato secondo le specifiche Merging. Quindi Horus rimane sul palco e con un semplice cavo Ethernet arrivo al Cisco dove piloto tutto dal MBP Touch Bar che è il master, mentre il Retina fa da slave. Con Anubis gestisco gli ascolti in cuffia, i monitor Genelec 8010 o le Neumann M80 e il talkback sul palco tramite una mini cassa collegata al Line out di Horus.

Ho registrato molti concerti e non ho mai avuto problemi, e con OS X Mojave, ho trovato davvero un’ottima stabilità. Riguardo alle latenze, non ho mai avuto problemi. Un consiglio: quando un sistema esteso su rete funziona, evitate di fare continuamente aggiornamenti. Fateli solo nel caso in cui la nuova release apporta sostanziali miglioramenti al sistema. Questo vi permetterà di avere un setup davvero stabile e performante.

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pdf 03 Intervista Stefano Amerio